Performance


2018 – Le Donne di Chernobyl

Una storia taciuta, quella di Chernobyl, dimenticata dalla maggioranza, che continua ad aleggiare nell’aria nostro malgrado. Un racconto che riemerge da una memoria infantile che ricorda le tinte in bianco e nero di quei giorni, quei mesi, quegli anni. Una vicenda che ha toccato, intaccato e annullato tante, troppe, esistenze. La testimonianza di una reale protagonista che ha scelto di dare voce al proprio vissuto e condividerlo. Un susseguirsi di immagini e ricordi, a volte confusi e spezzati, a volte chiari e nitidi, di persone che hanno saputo perdonare, sperare, ricominciare.


2017 – Archè

Un’esplorazione che porta in figura l’esistenza dei bisogni umani, travalicando le differenze culturali, ripercorrendo la nostra storia, ognuno la sua. La sperimentazione ha portato a dare corpo e forma ad immagini e sentire interiori attraverso una coreutica rituale mirata a ricercare la precisione, la tensione e l’efficacia del gesto. In questo farsi forma viva si sviluppa un gioco figura-sfondo, in cui gli attori sono protagonisti e spettatori attivi e la parola diviene un sussurrare i tempi della vita.


2015 – Vuoti a rendere

Un’ immersione nelle viscere della notte. La strada della techno-trance. Personaggi che si muovono in uno schema di gioco precostituito, alla ricerca di dimensioni inconsuete, di eccesso, di un punto di contatto. Una ricerca mirata ad una coreutica di corpi che liberandosi dalle tensioni e dai limiti si fanno abisso, si fanno folla. Il movimento diventa culla, il suono diventa nenia, il pianto nichilista scalcia e grida fino a frantumare lo schema del gioco attraverso la ritualità del ritmo, che diviene via percorribile per un’autentica scrittura di sé.


2014 – Distanza di sicurezza

Una storia taciuta, quella di Chernobyl, dimenticata dalla maggioranza, una storia che continua ad aleggiare nell’aria nostro malgrado. Un racconto che riemerge da una memoria infantile che ricorda le tinte in bianco e nero di quei giorni, quei mesi, quegli anni. Una vicenda che ha toccato, intaccato, annullato, tante, troppe, esistenze. La testimonianza di una reale protagonista che ha scelto di dare voce al proprio vissuto e condividerlo. In un gioco figura sfondo un susseguirsi di immagini e ricordi, a volte confusi e spezzati, a volte chiari e nitidi, di una bambina e di tante bambine, di una donna e di tante donne, di una famiglia e di tante famiglie che hanno saputo perdonare, sperare, ri-cominciare.


2013 – Zone Protette

Una terra al di là del mare adriatico; abitata da Croati cattolici, Bosniaci musulmani e Serbi ortodossi. L’appartenenza fa mangiare, vivere, pensare, abitare in modo diverso gli uni dagli altri. Fa credere che gli altri siano diversi da te. In questa terra c’è una città. Si chiama Srebrenica. Un nome difficile da pronunciare. Nel luglio del 1995 la sua gente vive una pace forzosa, innaturale, sospesa nell’enclave che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato zona protetta. Tutto attorno, intanto, turbina il ciclone delle guerre balcaniche…


2009 – Nomadi dentro

Dai margini della nostra società emerge prepotentemente una socialità nuova eppure fortemente radicata, che si racconta svelandosi nella sua coralità, armonia e ritmicità, nella dilatazione dei tempi e degli spazi. Il popolo Rom è per la prima volta sulla scena con la sua storia dolente di frantumazione e dispersione, ma nello stesso tempo con la sua forte identità. E continua a bruciare dentro le nostre periferie, dello stesso calore di deserto da cui proviene, testimone scomodo di ciò che noi osservatori nelle nostre alte torri di cristallo, abbiamo perso.


2006 – Un altro giro

Lo strappo che avviene tra corpo e psiche in esseri umani costretti a disintegrarsi entrando in un ruolo, riparati da una maschera, per sopravvivere psicologicamente. Rabbia, dolore, leggerezza, umiliazioni, sensualità, femminilità mercificata, speranza, paura, ribellione, morte si mischiano, si sovrappongono, si alternano con ritmi serrati. La difficoltà di vivere la malattia amplificata dalle accuse e dal giudizio del non malato, arroccato nella paura che distorce il senso del contatto confondendolo con il contagio. Un mondo di cui si sente il fruscio eppure rimane occultato, non c’è spazio per comprenderlo nell’intimità emotiva; forse per i suoi colori forti, per i ritmi intensi, per i luoghi poco illuminati, per l’eccesso, per il “peccato” che ci rappresentano.


2005 – Il drago

Il Drago entra a far parte dell’immaginario infantile attraverso le favole ed è proprio la favola a fare da sfondo a tutta la performance. Il tentativo è quello di attualizzare il Drago, rappresentato sempre con sembianze mostruose, dandogli corporeità e voce umana. Drago come creatura cattiva, infida, che trattiene, imprigiona, uccide, ingoia, figura pericolosa da cui è necessario difenderci e liberarci. Il senso del Drago, che la tradizione ci ha tramandato, è il solo possibile? Mentre i pregiudizi delle favole alimentavano la lotta contro di Lui, la ricerca, l’analisi, la conoscenza dei suoi molteplici aspetti, hanno rivelato lati insoliti e costruttivi, disvelando un idea di drago “nutriente”, del quale è parso consolatorio riappropriarci, per imparare a ri-conoscerlo, a prendersene cura, a prevenirlo: il Drago come acquisizione di consapevolezza, il Drago come possibilità.


2006 – Magdalen

Peter Mullan, regista cinematografico che ha diretto il film “Magdalene” a cui questo lavoro si ispira, ha puntato i riflettori su una realtà nascosta, scomoda, terrificante, che stava fino a qualche anno fa, esattamente fino al 1996, nella tanto evoluta Comunità Europea. In Irlanda le case “Magdalene” dedicate a Maria Maddalena anche alla fine degli anni sessanta sono piuttosto diffuse. All’interno Suore ri-educatrici di giovani donne che hanno perso di vista la “luce di Dio” le tengono rinchiuse, segregate, lontane da qualsiasi contatto umano. Questo primo studio mette in carne, per sperimentare sul confine della pelle contemporanea la persecuzione in deriva dal tardo medioevo.


2004 – Piume di piombo

In un susseguirsi di scenari tragicomici, i protagonisti tentano di indottrinare aspiranti stragisti tenendo una improbabile lezione zeppa di indicazioni, ferri del mestiere, istruzioni per l’uso necessari per diventare un terrorista doc. Sono citati personaggi, eventi, stragi, del terrorismo degli anni di Piombo sia nero che rosso. Un immagine seppur vaga del periodo emerge dallo sfondo indistinto e si staglia sulla scena in un delirio di luce e suono, il medesimo sintomo della follia che ha contraddistinto quegli anni.


2003 – Coccoina

Una sedicenne ribelle, affidata ai servizi sociali, sfida il conformismo del mondo adulto con un atteggiamento apparentemente scontroso ed aggressivo, imita i ragazzi di strada con cui è cresciuta dormendo in un vagone abbandonato, dichiarandosi tossica autoregolamentata e fuggendo da qualsiasi centro di accoglienza, casa famiglia o istituto. In figura il complicato rapporto tra adulto e giovane, tra regola e trasgressione.


2003 – Vortice

Una giovane donna scampata alla guerra, provata dalle numerose perdite affettive e dalla desolazione ambientale ed emozionale che il suo paese sta vivendo si trova da sola a dover decidere di una vita ed a prendersi la responsabilità di un’assenza. Combattuta in un Vortice di pensieri dissonanti, svela e racconta la sua guerra interiore: da una parte disillusione, paura e razionalità, dall’altra illusione, sogno e speranza adolescenziale. In scena due polarità al femminile che si affrontano, si confrontano, si disconoscono, si inquinano, si contraddicono.


2002 – Solitari in branco

Quattro ragazzi e un cortile, alle loro spalle un palazzo, una sorta di Alveare proteso verso il cielo. Se ti affacci da una finestra qualsiasi tra le sette e le undici di sera, puoi vedere Freddy, convinto sostenitore del fatto che la CATEGORIA (quelli dai quattordici anni in poi, gli adolescenti insomma), è qualcosa di meglio del branco di solitari sfigati che i giornali sbattono in prima pagina solo per furti, omicidi, suicidi, abusi fatti e subiti. E se dal cortile guardi il palazzo, davanti ai tuoi occhi sfila una carrellata di moderni antenati: genitori, parenti, vicini un po’ matti, tutti impegnati a dare un senso alla loro vita.


 

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